Otto puntate in cui gli elementi cardine si incastrano in modi sempre avvincenti. Con il talento (non scontato) di evitare sempre lo scatafascio imbarazzante
La serie teen spagnola torna con la quinta stagione, Élite 5 – su Netflix da oggi venerdì 8 aprile con otto nuovi episodi pronti a far saltare gli equilibri dei protagonisti.
E in effetti temi e nuovi personaggi sparigliano le carte dall’inizio alla fine. Con nuovi intrecci e nuove domande, che – ovviamente – troveranno una risposta solo sul finale.
Élite 5, la recensione: omertà e violenza
Tutti i nodi vengono al pettine. Gli studenti del prestigioso liceo spagnolo Las Encinas devono affrontare le conseguenze della morte di Armando, ucciso alla fine della quarta stagione. Chi è il responsabile? A prendersi la colpa è Samuel, ma le testimonianze dei compagni lo scagionano. Come sempre, ciascuno fornisce la propria versione dei fatti e la soluzione del giallo tarda ad arrivare.
La narrazione però segue un doppio filo. Accanto alle indagini, sulla scuola si abbatte la scure della violenza sessuale. Il responsabile è Phillipe, il principe francese interpretato da Pol Granch. L’ex fidanzata Eloise lo accusa pubblicamente e per il ragazzo ha inizio la gogna. A rimanergli accanto è Cayetana (Georgina Amorós). Nonostante sia lei stessa una vittima, decide di supportarlo in un percorso di recupero per diventare una persona migliore.
Il tema della violenza è sviluppato su più piani. Con la sofferenza delle vittime, seppure sperimentata in modo diverso (Eloise spera che Phillipe venga incriminato; Cayetana vuole “guarirlo”). Poi il giudizio della società, che considera Phillipe un criminale ancora prima di un processo. E con il punto di vista dell’aggressore, consapevole della sua natura, ma che fatica a capire cosa sia giusto fare.
Tutto ciò mentre Las Encinas resta indifferente alle accuse di Eloise, e protegge il principe dagli scandali in patria pur se a conoscenza dei misfatti.
Claudia Salas e Georgina Amorós (Rebeca e Cayetana). (Netflix)
Isadora e gli intrecci tra i personaggi
In merito agli intrecci tra i personaggi, Phillipe instaura uno strano rapporto con la nuova arrivata Isadora (Valentina Zenere), misteriosa e spudorata ereditiera ibizenca che si mostra molto interessata al ragazzo.
L’altra new entry, Iván (André Lamoglia), il figlio del calciatore più famoso al mondo, è costretto ad arginare gli eccessi del padre tra alcol, droga e festini sfrenati. Allo stesso tempo, diventa amico di Patrick (Manu Ríos), il quale equivoca i suoi atteggiamenti e vive il rifiuto con frustrazione.
Iván, infatti, è attratto dalla sorella di Patrick, Ari (Carla Díaz), la quale è fidanzata con Samuel (Itzan Escamilla). Samuel, a sua volta, vive un periodo di crisi con il coinquilino Omar (Omar Ayuso) e sembra che le loro strade siano destinate a separarsi. Quest’ultimo, poi, ha un nuovo grattacapo da risolvere: l’arrivo di Bilal, un ragazzo scappato dalle Isole Comore, bersaglio della malavita.
Infine, Mencía (Martina Cariddi) fatica a riprendersi dagli abusi subiti da Armando e, allo stesso tempo, rischia di incrinare il rapporto con Rebeca (Claudia Salas). Rebeca, poi, è focalizzata su sé stessa, anche a costo di perdere la ragazza.
Ari, Patrick e Mencía (Carla Diaz, Manu Ríos e Martina Cariddi). (Netflix)
Élite 5, ribellione e trasgressione
A questo quadro abbastanza complesso si aggiungono le nuove regole introdotte da Benjamin (Diego Martín Gabriel), figura sempre più enigmatica e inquietante. Il preside adotta la linea dura. Tra i nuovi diktat, abbigliamento consono, arrivo puntuale in classe, obbligo di distanziamento, geolocalizzazione sempre attiva per consentire alla scuola di controllare gli spostamenti degli studenti.
Un’imposizione che provoca una ribellione generale, istigata dal figlio Patrick, il quale organizza un party segreto.
Iván e Patrick (André Lamoglia e Manu Ríos). (Netflix)
Ed è proprio con la festa sfrenata che Élite 5 cavalca ancora di più l’attualità. La negazione delle etichette attraverso la ricerca di libertà sotto qualsiasi forma, la fluidità senza pregiudizio, l’affermazione di sé stessi senza paure. Tra i pregi della serie, la capacità di immergere all’interno della finzione tematiche reali e attuali, in cui chi guarda si può rispecchiare, e problemi comuni alla maggior parte degli adolescenti.
Il racconto della “normalità” nonostante l’eccesso
Certo, pensare che dietro un manipolo di ragazzini snob e annoiati si nascondano assassini senza scrupoli fa sorridere, ma anche riflettere. La serie Netflix, però, è così sin dalla prima stagione e il crimine è la costante. L’elemento di “normalità” si riscontra nella vita privata di ciascuno dei protagonisti, risultato di famiglie disfunzionali, di genitori assenti o troppo presenti, di squilibri che portano a deragliare.
Se, poi, il contesto è quello patinato di un mondo ovattato in cui tutto è concesso, la trasgressione diventa la via di fuga più semplice.
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Dopo cinque stagioni, Élite si conferma una serie di successo, grazie a un tessuto narrativo accattivante, in grado di rinnovarsi senza snaturarsi. I nuovi personaggi rendono il racconto scorrevole e privo di frizioni, con un risultato vincente: lasciare lo spettatore bramoso di immergersi nelle vicende della stagione successiva.
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